Nel mio intervento proverò a ragionare su alcune categorie filosofico-politiche (ancora) ricorrenti nei dibattiti sulle condizioni di possibilità (e di impossibilità) dell’«azione» e della «organizzazione politica» nel contesto delle attuali trasformazioni del “lavoro” (nel suo concetto e nella sua realtà effettiva).
La via percorsa da Mohandas K. Gandhi rende esemplare un’esperienza di ricerca della verità in cui la saggezza etico-politica inerisce a una forma di vita insieme spirituale e filosofica. Per avvicinarsi a questa prospettiva bisogna tenere presente che essa scaturisce da un codice genetico culturale diverso da quello occidentale, In tale codice la verità è l’amore che genera, sostiene e guida la vita del mondo. Perciò la sua scoperta sfocia non nell’elaborazione di una dottrina, ma in una trasformazione del modo d’essere, di pensare e di agire che Gandhi riassume nel termine ahimsa (nonviolenza).
La lezione sarà dedicata alla nozione greca di epieikeia, una parola di difficile traduzione generalmente resa in italiano con equità (soprattutto in contesti giuridici) o, in contesti meno specialistici, anche con indulgenza o moderazione. Aristotele dedica a questa nozione, strettamente intrecciata con quella di phronesis, il cap. 14 del libro V dell'Etica Nicomachea e parte del cap. 13 del libro I della Retorica.
Parte integrante della riflessione giuridica è l’ermeneutica intesa quale dimensione teorica e pratica dell’interpretazione del diritto. Questa commistione tra sapere teoretico e ragione pratica è il portato moderno del concetto aristotelico di phronesis, poi tradotto in latino con il termine di prudentia e, infine, di juris-prudentia.
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